Stefano Valente è nato a Roma nel 1963. Fin da piccolo è immerso in un’atmosfera di cultura viva che ruota principalmente attorno alla personalità del nonno paterno, Anton Pietro, figura di spicco del panorama artistico di quegli anni. Bambino, si aggira per lo studio del pittore fra tele tavolozze schizzi studi e pennelli. Il nonno Anton Pietro, al tempo professore ordinario all’Accademia di Belle Arti di Roma (dove tiene la cattedra di Bianco e Nero, affiancato da assistenti in seguito protagonisti di rilievo: Consagra e altri), lo affascina e lo incoraggia ai primi esercizi di disegno. La passione per le arti e la cultura si focalizza nell’adolescenza sullo studio delle lingue e delle letterature: questo grazie al padre Donatello, anch’egli persona poliedrica — architetto, pittore, critico e storico dell’Arte, giornalista — che lo sprona a coltivare la scrittura assecondando, contemporaneamente, l’inclinazione “famigliare” che Stefano ha per il figurativo e la grafica in generale. Compiuti gli studi classici, si laurea in Glottologia, ma lo studio delle lingue è solo uno dei suoi diversi interessi ed esperienze “creative” — passa dal giornalismo free-lance a collaborazioni e poi corrispondenze dall’Italia per conto di testate-stampa e stazioni radiofoniche estere (soprattutto in Canada e Portogallo); diventa sceneggiatore e disegnatore di fumetti, nonché illustratore e traduttore (principalmente dal portoghese e dall’inglese) per alcune case editrici. Dalla metà degli anni ’80 avverte la necessità di canalizzare il flusso creativo senza dispersioni: la scrittura diviene mezzo privilegiato. È un cammino difficile, soprattutto per il suo carattere schivo, portato al raccoglimento, al lavoro nell’ombra. «Il suo tempo libero è tutto per la scrittura: “Non è un hobby, è un impegno serio (…), uno studio a cui dedicarsi perché la creatività si deve pur esprimere in qualche modo (…). È impegno duro e spazio liberatorio, (…) con lei soffro e son contento, senza di lei non sono niente”.» (intervista a « Il Messaggero », 20 marzo 2004). È
stato fra i vincitori dei premi letterari «Mondolibro» 1998
per le sezioni romanzo inedito (con Lo Specchio di Orfeo) e racconto
inedito (con Una nazione benedetta),
e ancora, nel 1999, per la sezione racconto inedito (con Girotondo di Giuda e
della conchiglia).
Nel
2004 ha pubblicato il romanzo Del Morbo — Una cronaca del 1770,
edito da Serarcangeli: la storia del dilagare di un’epidemia, tra
le oscurità di un remoto e nebbioso Nord e i bagliori dell’Europa
illuminista, “ricostruita” da un anonimo cronista del XVIII
secolo.
Il 19 settembre 2004 Del Morbo ha ricevuto a L’Aquila il « Premio Athanor » per la narrativa, progetto multiculturale patrocinato, fra gli altri, dalla Regione Abruzzo, dall’Università di Francavilla al mare, e da numerose associazioni internazionali di volontariato e solidarietà (infórmati sul « Progetto Athanor »).
Nel
2008 è uscito il suo romanzo Lo
Specchio di Orfeo, pubblicato da Liberamente (Barbera Editori):
A ottobre 2013 ha vinto la I edizione del premio “Linguaggi Neokulturali”, bandito dalla webzine Kultural.eu per l’inedito con il romanzo Di altre Metamorfosi, classificatosi primo su 2046 testi in concorso.
A
dicembre 2013 ha pubblicato il romanzo La
Serpe e il Mirto (1978), edito da Parallelo45.
A
gennaio 2014 ha pubblicato il romanzo L’Ombra
dell’ultimo Gran Maestro, scritto a quattro mani con Claudio
Foti.
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A
luglio 2014 ha pubblicato con le edizioni Libromania
il romanzo di fantascienza Il Delegato Poznan è stanco. Una storia avvincente capace di catapultare il lettore in un vortice di avventure, in un’indagine senza respiro ambientata nel futuro della Terra... Vai alla pagina de Il Delegato Poznan è stanco
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