I
versi facili delle canzoni, il vento fresco del mattino, il decantare
lento del pulviscolo dentro il raggio di sole — ogni cosa gliela
ricordava.
All’inizio — s’era detto quando ancora teneva a se
stesso (e per questo aveva accettato il silenzio, il distacco forzato
da lei) —, all’inizio si sarebbe affidato al Dio Anziano;
gli avrebbe spalancato il petto e, giorno per giorno, di anno in anno,
avrebbe lasciato che l’unguento tranquillo del Tempo si spargesse
e si sedimentasse sulla sua angoscia, fino a renderla lontana ed ottusa.
No: non l’avrebbe cancellata del tutto, ché quello non
era possibile; solo, avrebbe rarefatto le immagini e le sensazioni,
di modo che, piano piano, quella parte di vita sarebbe apparsa sempre
più sbiadita, sempre più innocua e incolore.
Ma
non era andata così. Le ore — e anche i minuti, e i secondi
—, per chissà quale ostinazione cattiva, avevano giocato
sporco. Lei gli era proseguita dentro, gigantesca, incrollabile. La traccia
delle sensazioni di lei (il suo sorriso, l’eco della sua voce, la
febbre dei polpastrelli) si erano fatte dogmi, e le sue immagini —
sebbene avesse distrutto qualsiasi ritratto — erano cambiate in
icone.
Proprio qui cominciò la caduta, in mezzo all’oro e al fulgore
di altari che non esistevano se non nella sua mente, che gli premevano
sopra il respiro pesanti come la pietra.
In rare occasioni lo colsero a parlare di lei: la innalzava a santa e
la precipitava a puttana — e tutto nel medesimo istante d’angustia,
d’esaltazione del cuore.
« Shh… Toni più pacati… È solo un amore
finito… », lo consigliavano allora, per il suo bene.
Voi non capite, pensava lui, senza rispondere. Voi non la
vedete, non la sentite… come io la vedo e la sento.
Già, perché il volto di lei, col passare del tempo, cresceva
a dismisura, e così proliferavano le ripetizioni delle parole che
lei aveva detto, delle sue frasi, dei gesti. E tuttavia nessuna sembianza
o movenza o sillaba era più uguale alla prima se stessa. Il viso
di lei era adesso una serie di accenni, di rapidissimi lampi di luce lungo
una lastra nera, indefinibile. Il lavorio degli anni era riuscito a dilatare
e sbiadire — questo sì —, ma insieme l’aveva
dannato ad arrovellarsi fra moltiplicazioni infinite, fra riflessi e riflessi
di riflessi.
Una
notte (poiché era soprattutto nel dormiveglia che, invano, si affannava
a ricostruire il naso, gli zigomi, o il taglio degli occhi di lei) il
succube che era solito fargli visita gli si distese accanto, dandogli
le spalle. La cosa era strana — non che il demone-femmina, appena
giunto, non lo costringesse all’amplesso immediato e ferino, oscenamente,
come di consueto. Ciò che era strano era che, per la prima volta,
l’uomo si rendeva conto di non aver mai visto il volto del succube.
La sua mano scivolò lungo la schiena calda della sua ospite. Ansava,
il demone, col respiro affrettato dei cani; come i cani stava racchiuso
in se stesso, pronto ad aprirsi e scattare all’indietro, per mordere
o leccare chi lo accarezzava. La mano proseguì il suo percorso,
incurante, assecondando nell’ombra i rilievi e gli avvallamenti
di muscoli, costole e vertebre. L’odore afoso, la peluria impercettibile
della pelle, la curva delle anche, l’elastica arrendevolezza dei
glutei…
Improvvisamente un’idea si fece strada dentro la testa dell’uomo.
Con un balzo, repentinamente, afferrò la lampada e fece luce. Fu
un attimo. Il lucido corpo di lei — sì, di lei —,
la rosa scura della sua nuca — però mai il suo viso, nemmeno
un ritaglio — gli ricomparvero nel baluginio che disfaceva il demonio-donna
dentro una nube volatile.
Di
quel che seguì abbiamo pochi frammenti, schegge spesso minuscole
che bisogna accostare per intuizione.
È dibattuto (ma vi sarebbero addirittura dei testimoni) il fatto
che avvicinò un esorcista, che implorò il prete di renderlo
libero da quella presenza che diveniva sempre più oscura. (Circa
quest’episodio, i più romantici preferiscono l’epilogo
in cui il sacerdote, una volta ascoltate le suppliche, caccia via l’uomo
con rabbia: vi ha rivisto se stesso, quando ha scelto la Chiesa in cerca
di pace, ché l’Amore — quello degli Uomini, non quello
di Dio — è il più violento e tremendo dei diavoli,
e non c’è esorcismo che tenga.)
Però poco importa che abbia cercato o meno l’aiuto di un
prete. Di certo, a un dato momento, dovette pensare alla Religione —
a quale non è possibile dire —, ma fu una conseguenza fisiologica
delle circostanze e non lo fece per trovare sollievo. Era che la vaga
indeterminatezza delle età e dei giorni che si accumulavano —
strato su strato — aveva finito per appiattire contro lo sfondo
anche la sagoma irriconoscibile di lei. A volte l’uomo pensava a
quello sfondo, e lo vedeva come un affresco scialbo e antichissimo, un
impasto omogeneo di ocra e terre smorte su cui si indovinavano ancora,
e sempre a fatica, i profili-fantasma di divinità di cui la gente
non rammentava più i nomi.
Allora intraprese — non sappiamo né come né per quanto
— la via della Fede: quando s’accorse che il caos della sua
memoria cominciava a intaccare persino il nome di lei.
Negli
ultimi tempi era frequente che le Vigiliae, durante la ronda
dell’ora più fredda che precede l’alba, lo ritrovassero
esanime sulla strada antistante una taverna, o presso l’uscio sbarrato
d’un lupanare. Ormai era ben conosciuto, e la pietà dell’oste
o della mezzana di turno lo abbandonava alle guardie con l’ultimo
soldo sul petto, e sopra al soldo il documento divaricato, con l’indirizzo
visibile.
È probabile che non conobbe mai neanche una delle sentinelle a
cui toccò caricarselo in spalla, nessuno di quei poliziotti malpagati
che, sotto gli elmi imperlati di brina, imprecavano per il suo peso o
il suo fiato di vomito. Finché, depositato come un fantoccio disarticolato
davanti al proprio portone, non si svegliò più.
È altrettanto probabile — poiché non c’è
nulla che possa negarlo — che l’uomo sia rinvenuto un attimo
prima di spegnersi; che abbia frugato per l’ennesima volta fra i
suoi ricordi, in cerca di lei; che abbia avvertito la fine imminente e
che ogni sforzo di rammentare con precisione — e cioè di
averla di nuovo — era inutile. A quel punto avrà
voluto credere in quelle dottrine — dei Pitagorici o degli Orientali
(specificarlo non è importante) — che ammettono la trasmigrazione
delle anime, di vita in vita. Per rincontrarla. Ma poi, nell’incertezza
del Buio incombente, si sarà accontentato di ricordare appena un
barlume della luce che stava dentro il sorriso di lei.
E allora anche lui avrà sorriso.
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