Stefano
Valente — Del
Morbo
di Vito Magno Viene proposta in questo libro una cronaca immaginaria del 1770, ambientata in una cittadina immaginaria della costa del Mar Baltico. Una peste iniziata come un contagio, diventa pandemia e semina morte; la cittadina rischia di scomparire, ma poi la tragedia finirà e tornerà lo « splendore ». La vicenda, tuttavia, costringe la gente del villaggio e chi si reca « a vedere » l’accaduto a mettere a nudo la realtà della condizione umana, capace di ripugnanti reazioni, ma anche di ricuperi di bontà. Tutto ciò appare tanto più emblematico se si considera che la « storia » è collocata in piena età illuminista, quando ci si illuse che la ragione potesse spiegare tutto e risolvere ogni problema dell’uomo singolo e della società. Un affresco dalle tinte assurde per presentare, in maniera a tratti allucinante, una verità sull’uomo e sul suo destino, perennemente combattuto tra il Demonio e Dio. [da « Rogate ergo », n. 6-7, giugno/luglio 2004] |