— I. Primavera —

Si libra gioiosa su sospiri di fate,
polline, petalo, pigmento
d’alba e d’aurora il suo sguardo.

Corre, ansante e felice,
e compone canzoni fra i rami,
poiché è il vento giovane il suo respiro
capriccioso e incostante,
leggero e bizzarro
soffia sui volti di pietra
e gli anziani, dormendo, sorridono
dei piccoli passi
delle pallide vergini
dalle labbra sbocciate di mandorlo.

Il legno nodoso dell’arco
affonda radici e dà gemme,
fiorisce, e in silenzio accarezza
il cacciatore disteso a sognare
la fanciulla-regina della Primavera.

 

— II. Estate —

Oro brunito la messe distesa
fin sopra i suoi fianchi
inondati da torrida luce.
La sua calda schiena accarezza
il mio petto, il respiro profondo
passa le sue dita afose
attraverso le spighe,
cercando una via fino al cuore.

Poi ogni cosa si perde
in un dormiveglia confuso,
trasognato e indolente
refrain di cicale:
soltanto a tratti riaffiora
dagli occhi socchiusi
l’immagine lucida di oro e mattino.

 

— III. Autunno —

La Signora dell’Autunno
ha capelli color delle foglie cadenti,
incendio del cuore che aspetta
e già avverte
il primo presagio del freddo.

Un brivido rossastro
riflesso negli occhi,
versato come gli ultimi raggi
attraverso le ciglia socchiuse:
la stessa timidezza
del bosco,
la stessa inquietudine
per la brevità del tramonto.

 

— IV. Inverno —

Mi avvolgerà nel suo caldo pube
l’Inverno
e avrà pallore di neve
la pelle che mi coprirà
come un manto letargico e ctonio.

Attenderò, col sonno del seme,
un rapido tocco, un contatto,
un sussurro di dita,
io, comatoso ed assente
ospite antico
dormiente
di sale d’attesa intuite
dentro stazioni ai confini del mondo
abbandonate da uomini e treni,
regni di incuria e di oblio.

Poi lei verrà
e — se già non l’ha fatto —
mi scuoterà dal torpore
spingendomi giù
da balaustre inclinate,
da cattedrali,
da ponti e da torri,
appena un istante
prima che tutto svanisca
nel crollo delle architetture imprecise
erette nell’annientamento del sogno.

In questo sperare
in silenzio
esploro fuori dal corpo
lo spazio di un unico ambiente,
divagazione del tempo
eternamente uguale a se stessa
in ogni regione e in ogni leggenda,
e prego
preghiere inventate ogni volta
perché io mi risvegli
e la riconosca.

 

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